giovedì 30 aprile 2009

#17 - Cardiaco benestare

E' sempre più complicato non cadere nella banalità. Cerco parole-immagini, consapevole del fatto che se c'è ancora qualcosa da inventare, non sarò certo io a farlo.

Sento crac ovunque, alzo la testa, ma non basta. Devo girarmi per vedere che ore sono. Le 2.08, è decisamente ora che stop.

Vedi? Mi blocco anche solo a parlare. Non sono i referendum abrogativi. Figurarsi se c'entrano qualcosa i decreti legge. E' una conseguenza naturale, credo.

Da solo parlo, anche forse troppo. Sono un monologhista logorroico. Basta poco per farmi bloccare. Non fanno differenza i colori delle maglie, conta chi le abita.

Ci sono posti in cui non sono ancora stato, e un panorama che non ho ancora visto dovrà esistere. Varchi temporali di illogicità si aprono risucchiandomi, riuscirò forse solo così a creare sequenze coerenti.

E' che non sono abbastanza distante per poter scrivere a lungo. Sette, otto ore fa ero in trance, lucido da star bene per mesi. No, non c'entra la musica. E nemmeno i libri a circondarci.

Dell'amaro che nascondi mi nutro.
Sto sorridendo, cosa c'è di male?

mercoledì 29 aprile 2009

#16 - Io sto bene

Si comincia con l'osservare il mondo scorrere sotto le gocce che non vuole.

L'ennesima sigaretta brucia, è possibile scaldarsi. Te li ricordi quei semafori verdi? Sembra già un'era fa.

Sfoglio parole nella mente; non voglio essere monotono, figurati pesante.

Per distrarmi ho i miei libri, anche se preferisco rigirarli tra le mani e osservarne i colori, ormai quelle parole non sono più capaci di prendermi.

Sprofondo nella sedia, torturandomi a cercare di capire la provenienza di ogni cosa che mi passa per lamente. Non si può fermare tutto qui.

Ma di questo vento? Non so niente.

A passi irregolari e scostanti ho deciso di decidere, che non è affatto una scelta pessima, è solo che non ci sono abituato.

E' un basta. E' un rialzare la testa. E' far scorrere l'acqua al contrario, sfidando le leggi gravitazionali. Sceglierò i guai da calpestare e ne conserverò altri come promemoria.

Che non si sa mai.

Ho deciso di decidere, è solo questione di quel che potevo risparmiarmi.

martedì 28 aprile 2009

#15 - Respiro per respiro

Ci sono giorni che punto sul rosso ed esce sempre nero. Altri giorni invece, qualsiasi cosa voglia puntare, è sempre la più giusta.

Ci dicono di chiudere gli occhi e buttarci, correre ed essere forti, che niente è come sembra.

Ma correre è un'arte difficile e instabile, ci vuole eleganza per evitare di inciampare. Almeno ci provo per un motivo giusto.

Voglio un tramonto mozzafiato e non quel senso sterile di libertà che arriva dritto dalle licenze notturne cui troppo spesso mi concedo. Voglio correre sulla battigia, con la sabbia che entra nelle scarpe. Voglio buttarmi a terra a guardare il cielo, e contare le stelle col dito mentre mi accorgo che l'acqua mi sfiora e mi raffredda. Ritrovare il piacere di respirare.

Meglio non leggere quel che è stato prima, rischio l'ecatombe emozionale.

Sarà naturale correre, come ora è fisiologico l'accalcarsi delle parole alla fine del foglio. Quasi un chiedere scusa se le parole in alto sono grosse e larghe.

Farò in modo di provare a ridipingere pareti colorate con un solo colore, bianco. Mi stancano le tonalità e le sfumature. Tutto uguale, tutto nuovo.

#14 - /////

Alcune banalità è bene che vengano censurate.
Mostrare le proprie debolezze può essere un'arma a doppio taglio, meglio evitare.

lunedì 27 aprile 2009

#13 - Giallo

Giallo, giallo. Vedo giallo ovunque. Sopra, sotto, avanti e dentro. E' addosso e corre negli spazi tra le arterie, schiantandosi nelle curve per proseguire a rilento in salita. Mi arriva alla testa, mi dà alla testa. Ha concorrenza nel blu, ma negli sprint lo stacca di alcuni secondi netti al giro. E prosegue indisturbato fino al traguardo tagliato in solitaria. Ritira premi in quantità industriale, col suo sorriso costante e spocchioso.

Cos'è il giallo?
Cosa vuole da me?

Se non puoi sconfiggere il nemico, stringi un'alleanza.

Sarò giallo, per chissà quanto. Sarò insoddisfatto del mio grado e ne vorrò ancora, sarò colpevole e cercherò altre scuse, sarò impavido pagliaccio conservando le mie paure, sarò folle da non perdere la ragione.

Tutto intorno si preoccupa ma è normale.
Sarò quello che vorrò per tutto il tempo che mi pare.

venerdì 24 aprile 2009

#12 - Squadra pronta

Mi piacciono i numeri dispari, perché ce n'è sempre uno libero di scegliere con chi stare. Immagino decine, centinaia di uno che si uniscono, litigano, ridono e piangono insieme.

Le esperienze vissute con gli altri uno, le ricorderanno a vita.

Ventitrè è dispari, giusto? E infatti mi piaci. E nemmeno poco. Averti accanto di nuovo è stato uno di quegli elettroshock che si subiscono volentieri.

Poco importa della calca. Nulla conta se gli arti bistrattati non li sento più miei, dopotutto sono qui apposta. Per me, per te, per voi.

E ancora mani, botte, sudore, salti e facce. Butta giù senza pensarci. Tiro su col naso, che ho preso freddo e ho ancora da piangere. E' possibile che debba stare così per dodici segni su un pentagramma?

Sono fradicio di questa pioggia, oggi così pesantemente dolce. Va bene così. Si è già ricominciato, ché non sarà mai abbastanza. La squadra è pronta, lo è sempre stata. Basta un cenno e si scatta.

Mi piacciono i numeri dispari. A ben pensarci, anche il cinque lo è.

mercoledì 22 aprile 2009

#11 - Homhwaby

E così passarono giorni senza parole e notti senza sonno. Facciamo la mattata. Prendiamo la Frecciarossa che arriviamo prima. Qualsiasi cosa purché mi distragga.

Comunque vada, hai lasciato un segno profondo.

La migliore ispirazione è la minaccia. Minaccia politica, minaccia sociale, minaccia di perderti.

Precipito di faccia, e me ne vanto. Se mi nascondo, è per farmi trovare solo da te.

Tra tutte le infinite possibilità che mi si prospettano, scelgo quella più difficile. Aspettare. Bisogna adeguarsi.

Una manciata di ore ci separano. E non sarà la pioggia a fermarmi. E non sarà stanchezza. E non sarà null'altro. Cammino automaticamente verso te.

Se penso che tutto questo non verrà capito...

Ora che è crollato l'ultimo muro, quello dei puntini sospensivi, chiunque può venire a violentare le cose che scrivo di getto, non importa più chi/cosa/come/dove/quando/perché.

Provo a prendere in mano le redini, ma mi sfuggono. Mi pento di cose di cui mai avrei dovuto. E mi sento adolescenzialmente stupido.

E così passarono giorni senza parole e notti senza sonno. Ma qualunque sia l'esito, una parte di me ce l'avrai sempre tu.

lunedì 20 aprile 2009

#10 - Di rubinetti e soddisfazioni

Prendersi qualche piccola soddisfazione aiuta in qualche modo a sentirsi più libero. A sentirsi più vivo.

Un rubinetto ha il tuo stesso nome. Lo vedo ogni giorno e vedo i tuoi sorrisi riflessi ovunque. Brillano quanto quel lavandino.

Si nasce con la voglia di cambiare il mondo. Poi non tutto va come ci si aspetta e si finisce, al massimo, con il cambiare canale.

Dare qualche spicciolo a chi te li chiede, ti fa stare meglio, vero?

Sono stato sordo per due giorni. Il mondo andava avanti sfrecciando in punta di piedi.

Ed io invece ho bisogno di tremare.

Trattieni il fiato, come faccio io. A dire il vero, è proprio respiro che manca. E testa che gira. E gambe molli. E voce che si assottiglia.

E' guerra aperta.

Prendersi qualche piccola soddisfazione aiuta. Dammi pressione alta.

sabato 18 aprile 2009

#09 - Di alchimie e occhi

Mi scusi signorina, lei ci crede alle alchimie? Io son vent’anni che ci penso e non ho ancora capito se ne ho di mie. Alcuni dicono che non c’è mai stato niente che non sia stato, a sua volta, pura alchimia.

Agl’irti colli, piovigginando, sale la nebbia. Qui invece il cielo è terso, per quanto si riesca a vedere nella notte isterica di automobili.

È un’alchimia?

Più di una volta mi sono chiesto cosa farei se avessi i poteri magici. M’inietterei spavalderia q.b., indubbiamente. Una bacchettata qua, una bacchettata là et voilà. L’uomo perfetto, senza macchia né paura né difetto. Non un inetto distrutto e depresso, adesso connesso ad un destino avverso.

Poi alzo la testa e ti guardo negli occhi. Di così belli ed indefinitamente profondi non ne avevo mai visti. Una tavolozza di sfumature, in due soli bulbi oculari. Mi bastano quei pochi istanti in cui intrecciamo gli sguardi le mani le labbra per sentire tutto. In quegli istanti sono niente e il suo contrario.

Ai tuoi occhi mi abbandono. Portami dove le lame non tagliano e i giorni non passano, i sogni non scappano e i fuochi non bruciano. Ai tuoi occhi mi abbandono. Ballami come un tango e bucami come un’iniezione. Ai tuoi occhi mi abbandono. Sarai infarto e soluzione. Non importa quando, se e in che maniera, ciò che conta è questo vento che sa di te.

Mi scusi signorina, lei ci crede alle alchimie? Ai tuoi occhi mi abbandono. Tu sei la mia soluzione.

#08 - Di posate e vuoto

La stanchezza che mi porto addosso è una conseguenza della mia esigenza comunicativa.

Il mondo si svende a soli 9.90€, ed altre posate, ed altri bicchieri, per altre persone che non conosco.

Devo smetterla di mordermi le labbra, quel privilegio sarà solo per le occasioni perse. Voglia di risentire un vecchio amico. E stare male con lui, per lui. Ho un segreto che non posso rivelargli.

Non darmi il tempo di ripensarci.

Lo scorcio non è rassicurante. La vista dalla camera è proiettata sulle automobili che si sfidano sul bagnato sporco.

Se non c'è il vuoto, non c'è spazio per le parole. Ma abituarsi alle sensazioni non è bello.

E a svegliarmi senza di te, sto male.
Medicine non ne inventeranno mai.

Vivo il mio fanatico torbido apparente male.

La stanchezza che mi porto addosso è solo torpore, ma non voglio ammalare il tuo entusiasmo.

Scappa via finché puoi.

venerdì 17 aprile 2009

#07 - Di velocità e nuvole

A velocità costante destrutturo ogni pensiero cattivo, spingendolo fuori dalla mente come le parole nei manifesti del PD.

Solo perché non lo senti, non vuol dire che sia lì.
E infatti ti sento.
E infatti non sei qui.

Ci sono certi alberi davvero brutti. Spogli e storti. Li capisco, non è facile restare fermi a farsi vivere.

Schiantati nel mio microcosmo.
Fammi schiantare nel tuo.

Se costruiscono altre metropolitane è perché la gente si rifiuta di farsi scaldare dal sole. E perché ha fretta. La competizione ci muove come pedine.

E vedi di prenderti meno sul serio, che sei ridicolo.

Lo vuoi un chilo di miei pensieri?
Facciamo cinque, che più hai di me e meglio è.
Sicura di farcela? Non mi fiderei di queste nuvole. Il peso è relativo.

A velocità costante destrutturo le mie membra, spingendole via da me. Le recupererò quando mi serviranno.

#06 - Di freddo e stanze

E' che se esco fuori ho freddo. Come all'inizio di aprile, il sei o il sette o l'otto, forse. Importa davvero? Però non è lo stesso battere di denti.

Chiudi la finestra in cucina quando vai a dormire.

Il 50.4% di uTorrent mi schianta al suolo.

Il fiatone non mi dà scampo. Guardo delle immagini e ho paura. Troppo catrame nei miei polmoni. 750 sigarette dall'inizio dell'anno. Sarà mica troppo?

Che fossi un altro, avrei già scritto un album, e magari sarei stato anche giudicato buono dalla critica.

La verità è che mi manchi, e qui crolla ogni costruzione lessico-grammaticale. Guardavo il lato giusto, ma della stanza sbagliata.

E' che se esco fuori ho freddo, ma stando dentro tremo uguale.

#05 - Di pioggia e distanze

Averti avanti senza poter dire niente è male.
Sentirti senza averti avanti è peggio.
Esistere senza sentirti è l'irreparabile.

Prendi le note e mettile insieme. Se sono giuste, è musica. Se sono sbagliate, è jazz.

Perché accade tutto senza logica? Perché io non riesco a trovarla una logica?

Migliaia di kilobyte si assottigliano nei cavi che ci avvicinano, ma io non voglio che sia un cavo o peggio ancora un wireless a collegarmi col mio sorriso, a regalarmi un lieve schiudersi di labbra.

Lasciamo perdere le palle, che non le ho mai avute.

Forse piove, non so, mi affaccio. Si, è acqua quella che scende da su. Da piccolo dicevano che era il cielo che piangeva. E forse traggo piacere dal dolore altrui.

E mi dici che non è il mio tempo, e lo accetto, e mi dici che non avrò spazio e lo accetto. Se mi dici di sparire, sta tranquilla, non lo farò mai.

Tremo pensando al viaggio, tutto qui. Congiungi le mani e dopo aprile di colpo. Questo mi terrorizza. La distanza.

Averti avanti senza poter dire niente è male.
Sapere che esisti è già spettacolo in prima fila.

giovedì 16 aprile 2009

#04 - Di tempo e profumi

Quando verrà il tempo di separare gli albumi dai tuorli, penserai che non c’è un vero motivo per il quale lo stai facendo.

Il distillato delle nostre emozioni viene buttato giù come fosse acqua. Ho fumato troppo oggi, ho la gola secca e il bisogno di berti aumenta ogni istante. Vedi, per cortesia, di venirmi a trovare appena puoi. E dopo fatti vedere, che devo dirti una cosa.

Nel frattempo mi guardo attorno spaesato, dopo aver staccato i poster dai muri niente è più come sembra. La carta da parati cade a pezzi e io imparo una nuova canzone, ché non so più come dirlo.

Scrivo frasi che si rincorrono e si spruzzano acqua addosso, per poi buttarsi a terra stremate a rotolarsi nell’erba, ma che senso ha se toccando i tuoi petali ne sento le venature secche?

Mi sembra di scivolare sul pavimento di casa appena lavato. C’è freddo e profumo, come se prendo quella giacca. È fredda ma profuma ancora. Dovrò risolvere. Mi chiedo come facevano in Star Trek a stare senza camicie. Ma è già tempo di rifarsi la barba? Altre lamette fredde, altri profumi a poco dalla sede dell’olfatto.

Quando verrà il tempo, saprai che il tuo profumo è ancora impresso a fuoco sulla giacca. E nella mente.

#03 - Di sole e sbandate

Guardare avanti è avere il sole in faccia.

Sono costretto ad abbassare lo sguardo ogni tanto, come fossi emozionato.
Rialzare la testa è come sfidare qualcuno. Fissare il sole è un atto innaturale che ancora mi dà soddisfazioni, benché quanto scrivo ora siano solo bozze di parole, sono ancora accecato e la grande palla rossa si riflette sulle pagine gialle facendo sbandare la penna.

E con lei sbando anch'io, al solo pensiero che tutto ciò è per riavvicinarmi.

Poi il sole va via, lasciando l'impressione che lui sia un codardo e che io l'abbia battuto.

Non era questa la vittoria che volevo.

Anteprima notturna, spingimi a cercare di capire dove va a finire il mondo.

Se chiudo gli occhi, sei ancora abbracciata a me.
E' un po'come navigare su un fiume che non ha inizio né fine, su una barca che non esiste. E intanto i bambini urlano e le mamme si affannano.
Sopporto attendendo che tutto finisca, ma una volta vicino alla riva, il mondo si allunga e ti porta via. Hai lasciato conti in sospeso che non sai di avere. Hai lasciato tracce dove non dovevi. Ci sono tue impronte digitali sul mio delitto.

Guardare avanti è avere l'abbacinante sensazione di una sbandata che mi travolge, guardare indietro è buio e notte.

mercoledì 15 aprile 2009

#02 - Di mare e palazzi

Se scosto la tenda, dalle persiane in anticorodal semichiuse filtra un po'di luce.

Vedo il mare.
L'irregolare frangersi delle onde sulle barche ribaltate alla deriva, legate ai pontili, non esiste. Non c'è sabbia scura e bagnata, non ci sono orme sulla battigia né acqua crespa di flutti. Solo asfalto e caseggiati disidratati, sublimi souvenir degli anni '80.

E' un secolo che non ti vedo e che non mi perdo nei tuoi occhi.

Guido per strade che conosco fin troppo bene per incappare nel piacere di perdermi. Conosco a memoria i segreti di questi cumuli di mattoni, persino i segreti dei palazzoni IACP sono miei.

La notte cala e mi allunga l'ombra. Quello che vedo sono due corpi neri, senza vita, che mi seguono o precedono, a seconda della luce proiettata su di me. Ma intorno non c'è altro che qualche auto posteggiata e il nulla più imbarazzante.

Cosa sei? Chi sei?

Sette chiavi cascano per distrazione, schiacciando lo standby dell'encefalo, che torna alla sua configurazione standard e riprende a voltare le spalle all'architettura residenziale degli anni di fango.

Ci saranno altre occasioni.
Prima o poi tocca a tutti.
Meglio tardi che mai.

Scosto la tenda e mi tuffo vestito.

martedì 14 aprile 2009

#01 - Di pietre e vento

Una pietra sui binari.

Un sasso bianco come ce ne sono a migliaia. Tutti uguali, stessa forma e identico colore. Sparsi alla rinfusa sembrano diversi.

Ogni viaggio ha i suoi pro e i suoi contro, ogni forma di tempo ha la sua scansione, ogni farfalla ha le sue ali. Il mio stomaco però non vola. Ma dovrà esserci un motivo se cammino, mi avvicino e bruciano gli occhi.

Mi sento stanco di concedermi il lusso di correre, che quand'ero giovane io, mica ce la si passava così bene. Mi culla un vento sottile che mi butta un po'di pioggia addosso, lo stesso vento che la settimana scorsa era placebo per i miei nervi, in attesa su un muretto: lo stesso vento che ieri era un sottofondo mistico alla voce metallica sputata dal Kenwood in macchina, lo stesso vento che odora di buono, di argento e che non importa che diradi le nuvole, tanto prima o poi vanno via da sole.

Le pietre sui binari hanno stessa forma e identico colore, ma il vento le avvicina cosicché nei momenti bui si confortino raccontandosi storie e passatempi.

Stessa forma, stesso colore, fatti trascinare dal vento e raccontati.

Non chiedo altro.