venerdì 22 maggio 2009

#26

Stendi i tuoi lividi sulle mie nocche, ci abbracciammo in segreto tempo fa. Una mappa di pensieri, quelli di oggi, quelli di ieri, scorre tutto così in fretta nella tua stanza. Come i caffé caldi a luglio sotto il sole, o quando di notte salivi sulle mie due ruote per esplorarci di nascosto nella campagna che un giorno sarà mia. Non ha più lo stesso sapore Barcellona, non ha più lo stesso sapore Bologna, non ha più lo stesso sapore il rosso sui muri scrostati dalla muffa. Le notti europee ci hanno visto respirare fino all'alba, salutare il primo sole sommersi dai libri enormi, immobili nella tua stanza. Festeggiare era per me starti accanto. Festeggiare era per te starmi lontano. Preparavamo il nostro futuro, Eva, preparavo quei cazzo di anni Ottanta mentre tu preparavi la Grande Crisi del Ventinove. Cosa è rimasto se non la copia sbiadita di quei fogli dove ho scritto tutto di noi. Anche tu mi chiamavi spacciatore. Come vedi, non sono cambiato.

Il mio ruolo è quello di camminare avanti a te, per proteggerti e difenderti da tutto ciò che potrebbe ferirti, togliere il sorriso dalle tue labbra e far scomparire la luce dai tuoi occhi. Tienimi con te.

Erano tue parole. Eri tu, ero io. Avrei dovuto ucciderti quando mi sfiorasti le mani per la prima volta, e sapevi che non potevo. Vorrei solo sapessi che ti rivoglio. Ho ancora attimi per respirarti e parole da dirti.

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